Aspettando il Premio Strega: Il figlio prediletto di Angela Nanetti
Dalla Calabria a Londra alla ricerca di sé stessi e del proprio posto nel mondo.
Tra i libri
della dozzina del Premio Strega di quest’anno, il romanzo di Angela Nanetti,
edito da Neri Pozza, ha subito attirato la mia attenzione. Il romanzo racconta
di una doppia fuga, due individui legati per sangue e per inadeguatezza e
bisogno di allontanarsi dalla realtà in cui sono nati, che in periodi diversi
intraprendono il loro cammino per scappare da casa: direzione, Londra.
E Londra
diventa luogo di un nuovo inizio tramite il quale, però, entrambi i protagonisti non riescono a liberarsi del tutto dei fardelli del passato e del legame con la terra di origine.
Nunzio Lo Cascio era solo un ragazzino quando è stato
costretto a prendere un treno per andarsene da Reggio Calabria. La sua colpa?
Quella di essere omosessuale e di essere stato scoperto. A Londra porta con sé
il ricordo del bell’Antonio, suo compagno nella squadra di calcio locale,
ammazzato di botte fuori dalla sua Fiat nella quale si era appartato insieme a
Nunzio.
«Cornutu, è l’offesa peggiore per un marito. Ma ricchjiuni è
peggio. Se sei ricchjiuni non sei un uomo, non sei più niente.»
E Nunzio, il
corpo riverso a terra del suo ragazzo, proprio non riesce a dimenticarlo, anche
se a Londra incontrerà Thomas, un ricco rampollo ribelle marxista, e poi Funny
Jack, un artista eccentrico e dichiaratamente omossessuale, con il quale passerà l’ultimo
periodo della sua vita.
Dall’altra
parte abbiamo Annina, che di suo zio Nunzio conosce solo il nome e la tomba, e che ha il sogno di diventare un’attrice. Sogno che collide con il
ruolo che la sua famiglia vorrebbe per lei: deve diventare una bella donna,
sposare un uomo ricco e influente e smettere di sognare di avere una carriera
artistica “da puttana”, come dice sua nonna.
«Così imparai a odiarlo, ogni giorno mi esercitavo nell’odio
contro di lui, e l’odio divenne il carburante quotidiano che mi permetteva di
vivere.»
Mossa dall’odio nei confronti del padre, dalla frustrazione
nei confronti della madre succube del marito, e dalla voglia di dare
forma concreta alle sue ambizioni, Annina fugge prima in direzione Milano e poi verso
Londra, dove la sua strada incrocia quella percorsa dallo zio Nunzio.
Questo libro mi è piaciuto a metà. Per quanto abbia
apprezzato la storia dal punto di vista di Nunzio, quella di Annina mi è
sembrata sempre più debole col proseguire del romanzo.
Si entra in contatto, già dall’incipit – bellissimo e dalla
forte carica emotiva, un inizio libro a mio parere molto potente –, con la
storia di Nunzio, toccante e intensa. Ne si conosce subito l'epilogo, quindi Nunzio è un personaggio che agli occhi del lettore vive incasellato in una dimensione passata ben definita, ma nonostante questo, le
sue vicende personali riescono a coinvolgere il lettore. Le vicende di
Annina, invece, pur avendo le premesse per una storia di affermazione di sé di una donna forte e
di lotta contro le imposizioni di una società chiusa, si perdono nel corso del romanzo.
Annina torna ad essere una vittima degli eventi e dei costumi di una società
che le impone il silenzio di fronte alla violenza; sembra progressivamente sempre più
spaurita e quella sua grande energia iniziale si assopisce.
L'autrice fa un uso piuttosto massiccio di termini dialettali e di frasi pronunciate per metà in inglese e per metà in italiano, e ciò aiuta il lettore a calarsi nell'ambientazione che viene tratteggiata grazie all'inserimento di una serie di personaggi e situazione talvolta un po' stereotipate.
«“Un figlio frocio e comunista e una nipote puttana!” E
subito dopo la risata, prima in sordina e poi in crescendo.»
Forse la storia di Nunzio e quella di Annina non si
intrecciano con la forza che le premesse potevano far presagire, ma piuttosto si incontrano e basta per procedere insieme verso l’epilogo della storia, lasciando un po' in secondo piano l'influenza della figura di Nunzio nella vita di Annina: è una presenza che prometteva di essere di impatto molto maggiore di quanto sia stata in realtà.
Malgrado ciò il romanzo è comunque piacevole, lo
stile di scrittura della Nanetti è coinvolgente e dona al lettore momenti dalla
forte carica emotiva. Un libro che vale la pena di leggere se non altro per delle problematiche tuttora rilevanti sulle quali pone l'attenzione.
So che molti di voi stanno leggendo i titoli candidati allo Strega di quest'anno e non mi resta che chiedervi: qual è la vostra opinione in merito a questo romanzo?
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